In questo articolo continuiamo a parlare di bisogni di carezze, tema che era stato già toccato nel precedente articolo “Perché è così difficile esprimere le proprie emozioni”.
Il termine “carezza” è molto caro agli Analisti Transazionali, è un concetto che racchiude in sé uno dei bisogni primordiali dell’uomo, una necessità che fa riferimento alla sua essenza in quanto essere sociale che si nutre anche grazie alla relazione con l’Altro.
Con la parola carezza si intende la più piccola unità di riconoscimento, di attenzione che un individuo ha per un altro e che ha la funzione di far sentire l’Altro visto e riconosciuto, di dare cioè valore alla sua esistenza. In altre parole, la carezza è uno scambio comunicativo verbale o non verbale (attraverso il linguaggio del corpo) che, all’interno di una relazione, implica una certa dose di emozioni e permette alla persona di sentirsi vista e considerata.
Sono tante le carezze che ci scambiamo quotidianamente con le altre persone: un saluto, un bacio, un abbraccio, un messaggio, un “come stai?” e così via.
Ogni uomo sulla terra nasce con questa “fame”, con questo bisogno di carezze, di fatti necessitiamo e ci nutriamo delle carezze allo stesso modo in cui abbiamo bisogno di cibo, liquidi e aria.
Le carezze che possiamo scambiarci all’interno di un’interazione sono di varie tipologie, possono essere ad esempio verbali e non verbali, positive e negative.
Ma le carezze negative… sono comunque carezze?
Abbiamo parlato di come le carezze abbiano il potere di far sentire l’altra persona vista e riconosciuta ed è forse per questo più facile immaginare che tali riconoscimenti siano positivi e gradevoli per il ricevente, come ad esempio ricevere un complimento, oppure un abbraccio, un bacio, una carezza (reale).
Tuttavia, le carezze possono essere anche negative, possono di fatti veicolare il messaggio “Tu non sei OK”, ad esempio “Non mi piaci con quel vestito” oppure “sei proprio antipatico”.
Potrebbe risultare contrastante, ma sempre di carezze si parla.
E questo perché?
Perché a prescindere dal messaggio sgradevole insito in una carezza negativa, quello che si ottiene è sempre l’attenzione dell’altro, il fatto di essere visti e riconosciuti, nonostante il segnale negativo ricevuto.
È sempre meglio una carezza negativa e quindi ad esempio essere maltrattati, essere sgridati, piuttosto che niente, piuttosto che la totale indifferenza, la quale non fa sentire la persona vista, riconosciuta e considerata. L’uomo è talmente bisognoso di riconoscimenti che è disposto (inconsciamente) a ricercare addirittura carezze negative, pur di vedere convalidata la propria esistenza ed il proprio essere.
Cosa succede se si va alla ricerca delle carezze negative?
Alcune volte la ricerca di carezze negative può diventare l’unico modo in cui la persona riesce ad attirare l’attenzione delle persone care e tale meccanismo inconsapevole entra così a far parte della propria modalità relazionale.
Ad esempio, bambini che a causa dell’assenza fisica o mentale dei genitori iniziano a diventare più aggressivi, oppositivi, a dare problemi e a trasgredire le regole, in quanto per loro rappresenta l’unica modalità per ottenere una reazione da parte dei genitori.
Oppure chi si accerchia sempre di persone svalutanti e critiche perché questa è stata l’unica soluzione che probabilmente hanno escogitato da piccoli che garantisse loro la sopravvivenza, che permettesse a loro di avere dei legami, e che potrebbe continuare nella vita adulta a riproporsi.
I bambini hanno un potere speciale, che si racchiude nel concetto di physis: essi trovano sempre quella che è per loro la soluzione migliore in quel momento, date le circostanze esterne e le loro giovani capacità cognitive, che consenta loro la sopravvivenza, che garantisca loro la conferma della loro esistenza. Dunque, se questi bambini crescono in un ambiente parco di riconoscimenti, essi si abituano a ricevere e probabilmente ricercheranno solo carezze negative.
Talvolta le carezze negative possono essere l’unico alimento che la persona vede nel proprio menù e tale meccanismo si sedimenta nella propria personalità.
Come si può cambiare la propria dieta di carezze?
Qualora la persona si rendesse conto che la propria modalità di gestire le carezze sia disfunzionale, vi è la possibilità di cambiare dieta.
Innanzitutto, il primo passo è la presa di consapevolezza di tutte le altre modalità nutritive esistenti e che probabilmente la persona non sta tenendo in considerazione in quel momento.
È fondamentale che ognuno si fermi a riflettere rispetto alla qualità delle proprie relazioni e delle carezze che ne derivano, e talvolta è essenziale divenire consapevoli della tossicità di quei riconoscimenti assaporati fino a quel momento…
Quelle dinamiche conosciute, familiari in cui talvolta ci si trova a rifugiarsi e a ricercare non determinano necessariamente una situazione positiva e arricchente per la persona.
Attraverso l’aiuto di un professionista, il paziente potrà essere accompagnato e supportato nell’esplorazione della propria interiorità, ricollegando le dinamiche di oggi con pezzi antichi della propria storia, origine del proprio malessere ed allo stesso tempo prendere le distanze da esse, ri-appropriandosi della capacità di poter prendere oggi nuove decisioni rispetto alla modalità di gestire carezze e riconoscimenti.