In questi anni mi è capitato di incontrare diverse persone che, all’emergere di un proprio bisogno, di un’esigenza e di una necessità, prendevano la decisione di non esprimerli e di reprimerli, di tenerseli per sé, di soffocarli. Le motivazioni che portano a questa conclusione possono essere varie, per paura, per comodità, per una modalità appresa attraverso le esperienze di vita, per poco valore attribuito a quello che si prova ed anche alla possibile sovrastima di quelli che sono i bisogni altrui.
Cosa significa esprimere i propri bisogni?
Secondo l’approccio dell’Analisi Transazionale, ogni persona è costituita da diversi stati che determinano vari modi di stare nel mondo e uno di questi rappresenta la parte più libera, più spontanea della personalità di ciascuno.
Il Bambino Libero, così viene chiamata questa parte, è laddove risiedono gli impulsi, le motivazioni, le ambizioni, le aspirazioni, i desideri, tutto ciò che motiva una persona nella sua dimensione più genuina e autentica, quello che rappresenta la propria linfa vitale.
In tale stato abitano anche i bisogni propri di ognuno, le necessità e le esigenze. Alcuni di questi bisogni che caratterizzano ognuno di noi, seppur in misura e in modalità diverse, sono il bisogno di carezze, ovvero il bisogno di essere riconosciuti e visti dagli altri nella propria esistenza, il bisogno di struttura cioè la necessità di organizzare e dare un significato psichico al mondo che ci circonda ed infine il bisogno di relazione, inteso come la motivazione dell’uomo a instaurare legami interpersonali.
Alcune frasi nelle quali emerge la capacità di esprimere il proprio bisogno di carezze sono:
“Voglio un abbraccio”
“Voglio la tua vicinanza”
O ancora “Voglio del tempo per me”
Perché nella nostra cultura si ha difficoltà ad esprimere ciò che si vuole?
Nella cultura in cui viviamo non è così facile ed immediato esprimere un desiderio e dare voce ai propri bisogni; alla radice di questa difficoltà sembrerebbero esservi dei pregiudizi, delle restrizioni che incatenano l’uomo, assoggettandolo alla vergogna ed al senso di colpa, con il risultato di bloccarlo nell’espressione libera ed autentica delle proprie esigenze.
Un’amica ti chiede di accompagnarla al centro commerciale, ma tu quel giorno vuoi prenderti del tempo per te, per riposarti e le dici: “Mi dispiace Marta, ma oggi ho proprio bisogno di stare un po’ da sola”
All’interno della relazione di coppia, senti che tu e il tuo partner vi state allontanando, percepisci che ognuno coltiva ed abita in modo separato la propria dimensione ed i momenti di condivisione sono sempre di meno. Tu gli dici“ Ho bisogno di passare un po’ di tempo con te, ho bisogno di sentire che per te sono importante”.
In questi due esempi la persona si dà il permesso di esprimere i propri bisogni, tuttavia a volte questo può essere davvero complicato, ci si potrebbe percepire bloccati nella propria espressione di sé con il risultato, apparentemente più immediato e semplice, di accondiscendere alla volontà di altrui, ma di iniziare a coltivare dentro di sé frustrazione, insoddisfazione, malessere.
I motivi per cui vi può essere questa forte difficoltà ad esprimere ciò che si sente, si prova, si pensa sono tanti e l’origine di tale modus operandi è da ricercare nella storia specifica di ogni persona. Vi sono tuttavia dei preconcetti culturali e sociali da cui pare che molti di noi vengano ampiamente influenzati.
Chi l’ha detto che non bisogna chiedere dei riconoscimenti, se li si desidera?
In primo luogo, nella nostra società sembra più presente che mai la convinzione che “non è opportuno chiedere agli altri carezze o riconoscimenti anche se sono da noi desiderati”, come scriveva lo psicoterapeuta Steiner (1971): significa che nonostante si abbia un desiderio nei confronti di un Altro significativo, come ad esempio il bisogno di ricevere un abbraccio, un ascolto empatico, un momento di vicinanza, sembra non sia consentito né chiederlo nè esplicitarlo.
La credenza che spesso poggia alla base di questo è che un gesto ricevuto su richiesta, in seguito all’espressione di un bisogno, abbia meno valore, nella convinzione che esso potrebbe essere non sentito e non spontaneo.
Ancora, altre volte capita nelle relazioni di coppia di vivere nell’idea che il partner legga nel proprio pensiero, che intuitivamente e magicamente capisca il bisogno dell’altro di quello specifico momento: “Lui deve sapere quello di cui io ho bisogno adesso, senza che io gli dica niente”.
Questo meccanismo può essere molto pericoloso in quanto, se tale bisogno non viene indovinato o intuitivamente colto, quello che né deriva sarà frustrazione e sensazione di non essere compresa dal partner.
Dunque, risulta fondamentale invertire la prospettiva, in modo da potere riappropriarsi del proprio diritto e della responsabilità di comunicare un proprio bisogno.
Come affermava Steiner, è giusto esprimere un proprio bisogno ed esprimerlo, dunque è doveroso e benefico abolire la disfunzionale credenza che attanaglia la condizione umana secondo cui è sbagliato domandare ad una persona a noi cara qualcosa che abbiamo bisogno di ricevere.
Mostrarsi per quello che si è, con i propri desideri e necessità riferiti all’Altro non rende un gesto ricevuto meno autentico, tutt’altro: la capacità di esprimersi in una relazione è indice della genuinità di quel rapporto.
L’aspettativa che l’Altro, il partner, l’amico, i genitori, capiscano e leggano nella mente può essere deleteria, può portare a incomprensioni, frustrazioni, incrinature e se prolungate nel tempo, possono compromettere la spontaneità della relazione.
In ultimo, lasciare che sia l’Altro a capire quello di cui si ha bisogno, senza che venga esplicitato alcunché, in qualche modo rappresenta un tentativo di deresponsabilizzarsi della propria capacità di esprimersi e delegare tutta (troppa) responsabilità e potere all’altro.
E se quando esprimo un mio bisogno, l’altro si offende?
Un altro deterrente che può frenare nell’espressione di sé è il pensiero di offendere, deludere, non assecondare l’Altro.
“Se io dico quello che provo poi offendo l’Altro, poi l’Altro ci rimane male”
La paura di poter ferire o di contrastare l’altro con un pensiero od un desiderio diverso può condurre alla decisione di reprimere ciò che si ha dentro e di adattarsi, di diventare compiacenti al fine di evitare conflitti, per una serenità apparente.
In questi casi si attribuisce un valore inferiore al proprio bisogno, a fronte del bisogno altrui che invece viene considerato prioritario, superiore.
Il rischio di questa dinamica tuttavia è quello di percepire inappagamento, insoddisfazione e vedere via via sbiadire la propria personalità.
È vitale ricordarsi che ognuno ha il diritto di esprimersi, senza per questo provare senso di colpa o vergogna, perché così facendo si attribuisce valore e rilevanza alla propria persona, alle proprie esigenze ed alla propria vita.
Quando qualcosa ti impedisce di esprimerti
Qualora si percepisse una difficoltà nell’espressione di sé, iniziare a porsi degli interrogativi e a fare riflessioni su questi aspetti è il punto di partenza, in modo da cominciare a ragionare su questi in maniera critica cercando di modificare la propria prospettiva.
Tuttavia, la capacità di espressione del sé e dei propri bisogni e la modalità in cui si conducono le relazioni interpersonali si fondano sulla storia personale di ognuno, su vecchie scelte prese da bambini che diventano poi decisioni di vita.
Data la delicatezza e la sensibilità di questi meccanismi, risulta utile e protettivo intraprendere tale esplorazione di sé accompagnati da un professionista nel campo della salute psicologica che possa affiancarti all’intero di un percorso psicologico, aiutandoti a scoprire nuove risorse, nuove opzioni ed alternative di vita che prima sembravano inconcepibili, con lo scopo di giungere ad una maggiore espressione di sé e dunque ad un maggiore benessere.