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Ti dai i permessi che meriti?

psicologa-san-marino

In questo incredibile e inverosimile periodo di cambiamento, incertezza e smarrimento riporto alla memoria alcune frequenti frasi che ho udito nelle ultime settimane:

“Io non ce la farò mai da sola, non posso sopravvivere a questa quarantena.”

“Io sto per impazzire, non posso resistere senza uscire, senza vedere persone”

Quando delle ancestrali convinzioni su noi stessi si cristallizzano e influenzano le nostre scelte di vita

Spesso mi è capitato di incontrare persone la cui modalità relazionale era quella di dipendere dall’Altro, di sottovalutare le proprie capacità di resistenza e di riuscita davanti a situazioni di difficoltà e di trovare invece conforto solo nell’appoggiarsi a qualcuno.

Ho incontrato persone caratterizzate dal persistente pensiero di non riuscire a cavarsela da sole, con il timore di non essere in grado, di non avere sufficiente stabilità e forza per farcela in modo autonomo nel gestire una problematica emersa.

Cosicché esse, con il cristallizzarsi di tali credenze, hanno imparato e registrato questa unica modalità di agire, quella cioè di chiedere aiuto all’altro prima ancora di sperimentare le proprie potenzialità, di cercare la risoluzione del problema fuori da sé, dando per assodato che ciò che hanno dentro non sia all’altezza, non sia abbastanza.

Ho conosciuto persone che hanno fatto propria questa modalità di stare nel mondo, in quanto così la vita ha insegnato loro.  

Riprendendo l’approccio teorico dell’Analisi Transazionale, queste convinzioni su di sé e sugli altri sono definite ingiunzioni, e vengono registrate nel nostro organismo già a partire dalla nostra infanzia.

Queste di fatti si formano in seguito alle prime esperienze con le proprie figure di accudimento ed in base alla lettura che il bambino dà degli eventi esterni a lui, secondo la sua acerba interpretazione del mondo.

Così lo stesso bambino potrebbe avere imparato, in modo del tutto inconsapevole, che la decisione migliore che garantisse la sua sopravvivenza, fosse proprio quella di continuare a dipendere dall’Altro, sottovalutando le proprie risorse e capacità.

Solo così avrebbe avuto la certezza di sopravvivere.

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Tale meccanismo di rapportarsi si cristallizza tanto da diventare lo scheletro di tutte le future relazioni interpersonali, le quali gireranno in questo caso attorno all’arcaica convinzione di Non poter essere autonomo, di Non avere la possibilità di farcela con le proprie forze e di conseguenza, di continuare a dipendere da qualcuno in modo da garantirsi la salvezza.

Questa decisione di vita tuttavia porta con sé il rischio di adempiere per il resto della propria esistenza ad un messaggio che suona come una sentenza e perdere pertanto di vista uno de propri bisogni ancestrali come quello di essere autonomo, la possibilità di dare a sé stessi il permesso di provare a gestire le turbolenze della vita con le proprie forze.

Ritorno ora ai tempi attuali.

Penso a coloro nei quali risuona chiaro l’inconsapevole messaggio di Non essere autonomo, di Non farcela con le proprie forze, di Dipendere dall’Altro, i quali si vedono costretti a trascorrere il periodo di quarantena in solitudine, lontane dagli affetti o all’interno di un’abitazione nella quale non si sentono al sicuro.

Rimango sgomenta nel considerare questa drammatica e dolorosa situazione, nel realizzare la sofferenza di chi non ha la possibilità di correre al riparo in un luogo percepito come sicuro e di trovare conforto tangibile e concreto nell’Altro in questo momento .

Ma se questa brusca interruzione delle nostre vite avesse dato modo di sperimentarci in modo diverso nel mondo?

Nella consapevolezza di una realtà ad oggi complicata, e talvolta drammatica, che a causa dell’isolamento forzato e della lontananza dagli affetti può essere fonte di grande sofferenza, mi chiedo se si possa aggiungere la possibilità di sperimentare un modo diverso di stare nel mondo, un’occasione per vedersi sotto una luce diversa e ri-scoprire risorse che erano rimaste silenti troppo a lungo.

Ho udito speranzose testimonianze di persone che, nonostante fossero legate all’arcaica convinzione di non poter essere autonome, di non riuscire, di non farcela, credenze che si sono manifestate in modo intenso soprattutto nel periodo odierno, grazie a questo tempo lento tuttavia hanno avuto l’opportunità di mettersi in contatto con sé stesse e di saggiarsi  in modo diverso, meravigliandosi di ri-scoprire vecchie preziose risorse  che avevano dimenticato di possedere.

Questo messaggio non vuole osannare il predominio dell’autonomia, dell’indipendenza personale e della solitudine a discapito del rapporto, del ricongiungimento con l’Altro, ora più che mai desiderati e necessari,bensì intende mettere in luce la capacità di dare a sé stessi i permessi mancanti, di rispettarsi e rispettare i proprio bisogni, di prendersi cura di sé, credendo nella propria forza intrinseca.  

Ed ecco che una situazione di crisi può diventare crescita, una circostanza oscura di lontananza e mancanze può diventare occasione di conoscenza di sé e di ascolto più attento dei propri bisogni, può costituire un momento insostituibile di permessi che diamo a noi stessi ed infine momento per realizzare quanto l’incontro con l’altro sia fonte di ricchezza e non di completamento.

Ora da adulti, possiamo dare a noi stessi il permesso di essere autonomi e di provare a cavarcela con le proprie forze, il permesso di pensare da soli, di sperimentarsi, il permesso di sbagliare per poi ripartire, oppure il permesso di chiedere aiuto laddove necessario ed ancora il permesso di esprimere le proprie emozioni..

In questo strano, incerto periodo, vi state dando i permessi che meritate e di cui avete bisogno, qualunque essi siano?